Domenica, 22 Febbraio 2009
L’INTERVENTO
Una rete di piste ciclabili per salvare i nostri bambini
di Enrico Mingardi*

Ogni volta che apro un metro di pista ciclabile, penso che forse, grazie a quel tratto di percorso protetto, un bambino eviterà il paraurti di un’auto e una famiglia non correrà disperata all’ospedale. E allo stesso tempo penso che se quel tratto di pista ciclabile lo avessi aperto qualche anno fa, forse avrei evitato qualche incidente. Ecco perché sto correndo contro il tempo per le piste ciclabili. Ecco perché la città è piena di cantieri, ecco perché forse stiamo esagerando – lo ammetto – aprendo cantieri a più non posso e attirandoci più di qualche volta le ire dei cittadini. Ma penso che il nostro Paese, la nostra città sia in grave ritardo in tema di sicurezza stradale dei nostri figli. E se continuo a battere sul tasto della ciclabilità e della pedonalità è perché penso che finchè non cambiamo mentalità e non capiamo che la città deve essere a misura del cittadino più debole, vivremo sempre male.
Perché, lo sappiamo tutti, la macchina è pericolosa, soprattutto in città – il 70 per cento degli incidenti avviene nelle aree urbane - eppure continuiamo a credere che tutela dei deboli e prepotere dell’auto siano concetti facilmente conciliabili.
E’ vero il contrario. Auto e bici, auto e pedoni possono convivere solo se costruiamo una situazione protetta per i più deboli, i pedoni e le bici. Ma non voglio parlarne in modo astratto. Pedoni e ciclisti sono i nostri nonni, i nostri zii, i nostri figli.
Ogni volta che succede una tragedia come quella di San Donà, con un ragazzo di 13 anni che muore sotto una macchina (anche mio figlio ha quell’età), rabbrividisco e posso immaginare la paura , lo sgomento, lo sconforto di quei genitori che hanno figli di quell’età e che vanno a scuola in bicicletta, correndo a più non posso, come è giusto che sia a quell’età.
Ma dopo un paio di giorni mi rendo conto che la disperazione per la tragedia non si trasforma in altrettanta consapevolezza. Ed è proprio perché io non voglio che questa Amministrazione sia accusata di piangere lacrime di coccodrillo che faccio l’impossibile per realizzare quello che doveva essere realizzato già vent’anni fa, cioè una rete di piste ciclabili che siano sicure per noi ed i nostri figli, per i tanti che ogni giorno vanno a scuola o a lezione di chitarra, che corrono a casa degli amici a giocare alla play station o a vedere un film.
Quel che voglio dire ai miei concittadini è che stiamo facendo le cose giuste, assolutamente giuste e mi dispiace che più di una volta sembri che le stiamo facendo “contro”.
Penso alle continue prese di posizione contro le nuove piste ciclabili – che portano via i parcheggi sotto casa, che sono troppe, che invadono ogni centimetro quadrato, ma le piste ciclabili servono ad evitare le tragedie.
Così come le zone a traffico limitato.
Così come i 30 chilometri orari imposti nelle vicinanze delle scuole.
Se noi non vogliamo continuare a piangere i nostri ragazzi, se non vogliamo distruggere il nostro ed il loro futuro, dobbiamo fare esattamente questo e cioè più marciapiedi e più sicuri, più piste ciclabili e più sicure, più servizio pubblico e meno auto.
A tutti, o quasi, piacerebbe avere strade vuote e correre a 200 all’ora.
Non nego che la velocità continui ad avere un gran fascino, dal Futurismo in poi, ma dobbiamo renderrci conto, sul serio e non a parole, che la velocità è sinonimo di pericolosità. Al volante ci sentiamo tutti piloti di formula uno, ma se siamo il primo Paese in Europa per incidenti stradali, allora dobbiamo smetterla di parlarci addosso, dobbiamo smetterla di organizzare convegni su convegni ed investire, invece, più soldi possibile nella sicurezza.
E parlo anche di repressione.
Chi non rispetta le strisce pedonali, chi non rispetta i limiti di velocità, chi salta il semaforo rosso, come mi è capitato di vedere davanti il passaggio pedonale di una scuola media superiore, va sanzionato in modo molto pesante.
Le statistiche europee ci dicono che stanno diminuendo gli incidenti che coinvolgono gli automobilisti, ma purtroppo stanno aumentando gli i incidenti che riguardano ciclisti e pedoni. La prima causa di morte per i ragazzi dai 14 ai 24 anni è l’incidente stradale. Ma la statistica non dice che quei morti sono i nostri figli, i nostri nipoti, i figli dei nostri amici.
Basta, l’automobile ci sta portando via i nostri ragazzi, dobbiamo proteggerli. I loro percorsi in bicicletta devono diventare sicuri. Subito.
* Assessore alla Mobilità del Comune di Venezia